Spyware modulare Pegasus: il commento di Kaspersky

 
Tratto da www.lineaedp.it
Autore: Redazione LineaEDP – 21/07/2021
 
 
Dmitry Galov, security researcher del GReAT team di Kaspersky, ha commentato le funzionalità dello spyware modulare Pegasus
 

spyware

 

Pegasus è uno spyware modulare per iOS e Android. Nel 2016 è stata scoperta una versione di Pegasus per iOS, successivamente ne è stata trovata anche una versione per Android, leggermente diversa dalla prima. Uno dei suoi principali schemi di infezione è il seguente: la vittima riceve un SMS contenente un link che, una volta cliccato, infetta il dispositivo con uno spyware. Inoltre, secondo informazioni pubbliche, per infettare iOS lo spyware sfrutterebbe le vulnerabilità zero-day trovate nel sistema.

Quando noi di Kaspersky abbiamo studiato Pegasus per Android nel 2017, lo spyware si è dimostrato in grado di leggere gli SMS e le e-mail della vittima, ascoltare le chiamate, acquisire screenshot, registrare le sequenze di tasti e accedere ai contatti e alla cronologia del browser. Ma le sue funzionalità non si esauriscono qui. Vale anche la pena notare che Pegasus è un malware piuttosto complesso e costoso, progettato per spiare individui di particolare interesse, quindi è improbabile che l’utente medio venga preso di mira.

Quanto sono comuni le vulnerabilità come Pegasus che consentono di spiare le persone? Oggi esistono esempi di questo tipo disponibili sul darknet e quanto sono utilizzati in generale?

Vale la pena distinguere tra due concetti: spyware e vulnerabilità. Pegasus è uno spyware con versioni sia per dispositivi iOS che Android. Anche quando abbiamo studiato Pegasus per Android nel 2017, lo spyware poteva leggere SMS e e-mail della vittima, ascoltare le chiamate, acquisire screenshot, registrare sequenze di tasti, accedere ai contatti, alla cronologia del browser e ad altro ancora.

Inoltre è noto che, per infettare iOS, lo spyware sfrutta le vulnerabilità zero-day trovate nel sistema. Si tratta di vulnerabilità di cui lo sviluppatore non è a conoscenza e per le quali non è ancora stata rilasciata una patch, ma che possono essere sfruttate dai criminali informatici per implementare vari tipi di attacchi, inclusi attacchi mirati rivolti a organizzazioni o persone specifiche.

Sia gli spyware che le vulnerabilità zero-day possono essere venduti e acquistati da vari gruppi sulla darknet. Il prezzo delle vulnerabilità può raggiungere i 2,5 milioni di dollari: questo è quanto è stato offerto nel 2019 per l’intera catena di vulnerabilità Android. È interessante notare che nello stesso anno, per la prima volta, una vulnerabilità di Android si è rivelata più costosa di una vulnerabilità di iOS.

Cosa dovrebbero fare gli utenti per proteggersi da questi attacchi?

Il modo migliore per proteggersi da questi strumenti è fornire quante più informazioni possibili su questi attacchi ai fornitori di software e sicurezza. Gli sviluppatori di software risolveranno le vulnerabilità sfruttate dai threat actor e i fornitori di sicurezza adotteranno misure per rilevare tali minacce e proteggere gli utenti.

21 Luglio 2021

Trojan bancari in un wrapper aziendale

 
Tratto da Blog Kaspersky
Autore: Julia Glazova – 12/07/2021
 
 
Gli spammer stanno usando macro dannose per distribuire malware bancari IcedID e Qbot in documenti apparentemente importanti
 
 

 

Per gli impiegati che devono affrontare centinaia di e-mail, la tentazione di leggere velocemente e scaricare gli allegati in automatico può essere grande. I criminali informatici, naturalmente, ne approfittano, inviando documenti apparentemente importanti che potrebbero contenere qualsiasi cosa, dai link di phishing a malware. I nostri esperti hanno recentemente scoperto due campagne di spam molto simili che distribuiscono i trojan bancari IcedID e Qbot.

Spam con documenti dannosi

Entrambe le e-mail si spacciavano per corrispondenza commerciale. Nel primo caso, i criminali informatici chiedevano un risarcimento per qualche motivo fraudolento o dichiaravano qualcosa sull’annullamento di un’operazione. Allegato al messaggio c’era un file Excel con zip chiamato CompensationClaim più una serie di numeri. Il secondo messaggio di spam aveva a che fare con dei pagamenti e contratti e includeva un link al sito web violato dove era conservato l’archivio contenente il documento.

In entrambi i casi, l’obiettivo degli aggressori era quello di convincere il destinatario ad aprire il file Excel dannoso ed eseguire la macro in esso contenuta, scaricando così IcedID o (meno comunemente) Qbot sul dispositivo della vittima.

IcedID e Qbot

I trojan bancari IcedID e Qbot sono in circolazione da anni, con IcedID arrivato per la prima volta all’attenzione dei ricercatori nel 2017 e Qbot in servizio dal 2008. Inoltre, i cybercriminali stanno costantemente affinando le loro tecniche. Ad esempio, hanno nascosto il componente principale di IcedID in un’immagine PNG utilizzando una tecnica chiamata steganografia che è piuttosto difficile da rilevare.

Oggi, entrambi i programmi malware sono disponibili sul mercato ombra; oltre ai loro creatori, numerosi clienti distribuiscono i Trojan. Il compito principale del malware è quello di rubare i dettagli della carta di credito e le credenziali di accesso ai conti bancari, preferibilmente conti aziendali (da qui le e-mail di tipo aziendale). Per raggiungere i loro obiettivi, i Trojan utilizzano vari metodi. Per esempio, possono:

  • Inserire uno script dannoso in una pagina web per intercettare i dati inseriti dall’utente;
  • Reindirizzare gli utenti dell’online banking a una falsa pagina di login;
  • Rubare i dati salvati nel browser.

Qbot può anche registrare le sequenze di tasti per intercettare le password.

Purtroppo, il furto dei dati di pagamento non è l’unico problema che si presenta alle vittime. Per esempio, IcedID può scaricare altri malware, incluso il ransomware, sui dispositivi infetti. Nel frattempo, i trucchi di Qbot includono il furto di thread di e-mail da utilizzare in ulteriori campagne di spam, e fornire ai suoi operatori l’accesso remoto ai computer delle vittime. Sulle attrezzature da lavoro in particolare, le conseguenze possono essere gravi.

Come rimanere al sicuro dai trojan bancari

Non importa quanto astuti possano essere i criminali informatici, non è necessario reinventare la ruota per restare al sicuro. Entrambe le campagne di spam in questione si basano sul fatto che i destinatari compiano azioni rischiose, se, invece, non apriranno il file dannoso e non lasceranno eseguire la macro, lo schema semplicemente non funzionerà. Per ridurre le possibilità di diventare una vittima:

  • Controllate l’identità del mittente, incluso il nome del dominio. Qualcuno che afferma di essere un appaltatore o un cliente aziendale ma usa un indirizzo Gmail, per esempio, può essere sospetto. E se semplicemente non sapete chi è il mittente, controllate insieme ai colleghi;
  • Proibite le macro di default, e trattate con sospetto i documenti che richiedono di abilitare le macro o altri contenuti. Non eseguite mai una macro a meno che non siate assolutamente sicuri che il file ne abbia bisogno, e che sia sicuro;
  • Installate una soluzione di sicurezza affidabile. Se lavorate su un dispositivo personale, o il vostro datore di lavoro è poco rigoroso quando si tratta di protezione della workstation, assicuratevi che sia protetta. I prodotti Kaspersky rilevano sia IcedID che Qbot.

Per ulteriori informazioni sulle soluzioni Kaspersky: dircom@argonavis.it

12 Luglio 2021

Garante privacy: no al controllo indiscriminato dei lavoratori

 
 
Tratto da www.garanteprivacy.it
 
 
 
L’Autorità sanziona il comune di Bolzano per 84mila euro
 
 
 
 

Non è possibile monitorare la navigazione internet dei lavoratori in modo indiscriminato. Indipendentemente da specifici accordi sindacali, le eventuali attività di controllo devono comunque essere sempre svolte nel rispetto dello Statuto dei lavoratori e della normativa sulla privacy.

È quanto affermato dal Garante per la protezione dei dati personali in un provvedimento sanzionatorio nei confronti del Comune di Bolzano, avviato sulla base del reclamo presentato da un dipendente che, nel corso di un procedimento disciplinare, aveva scoperto di essere stato costantemente controllato. L’amministrazione, che inizialmente gli aveva contestato la consultazione di Facebook e Youtube durante l’orario di lavoro, aveva poi archiviato il procedimento per l’inattendibilità dei dati di navigazione raccolti.

Dagli accertamenti del Garante è emerso che il Comune impiegava, da circa dieci anni, un sistema di controllo e filtraggio della navigazione internet dei dipendenti, con la conservazione dei dati per un mese e la creazione di apposita reportistica, per finalità di sicurezza della rete. Sebbene il datore di lavoro avesse stipulato un accordo con le organizzazioni sindacali, come richiesto dalla disciplina di settore, il Garante ha evidenziato che tale trattamento di dati deve comunque rispettare anche i principi di protezione dei dati previsti dal Gdpr. Il sistema, implementato dal Comune, senza aver adeguatamente informato i dipendenti, consentiva invece operazioni di trattamento non necessarie e sproporzionate rispetto alla finalità di protezione e sicurezza della rete interna, effettuando una raccolta preventiva e generalizzata di dati relativi alle connessioni ai siti web visitati dai singoli dipendenti. Il sistema raccoglieva inoltre anche informazioni estranee all’attività professionale e comunque riconducibili alla vita privata dell’interessato.

Nel provvedimento l’Autorità ha rimarcato che l’esigenza di ridurre il rischio di usi impropri della navigazione in Internet non può portare al completo annullamento di ogni aspettativa di riservatezza dell’interessato sul luogo di lavoro, anche nei casi in cui il dipendente utilizzi i servizi di rete messi a disposizione del datore di lavoro.

Nell’ambito dell’istruttoria, sono state inoltre riscontrate violazioni anche in merito al trattamento dei dati relativi alle richieste di accertamento medico straordinario da parte dei dipendenti, effettuate attraverso un apposito modulo, Il modulo, messo a disposizione dall’amministrazione, prevedeva la presa visione obbligatoria da parte del dirigente dell’unità organizzativa, circostanza che comportava un trattamento di dati sulla salute illecito.

Il Garante, tenendo conto della piena collaborazione dell’amministrazione, ha disposto una sanzione di 84.000 euro per l’illecito trattamento dei dati del personale. Il Comune dovrà anche adottare misure tecniche e organizzative per anonimizzare il dato relativo alla postazione di lavoro dei dipendenti, cancellare i dati personali presenti nei log di navigazione web registrati, nonché aggiornare le procedure interne individuate e inserite nell’accordo sindacale.

24 Giugno 2021

Nasce l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN)

 
Tratto da www.zerounoweb.it
Autore: Paola Mangiapane – 16/06/2021
 
 

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge, firmato da Mario Draghi, che istituisce l’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale (ACN). Trecento super-esperti ne avvieranno le attività. In seguito altre 500 figure professionali iper-specializzate affiancheranno i pionieri, formando un esercito di 800 guerrieri al cyber crimine.

La notizia risale a pochissimi giorni fa (11 giugno), ma ha una potenza di fuoco straordinaria, sia dal punto di vista della difesa delle infrastrutture informatiche pubbliche e private, sia dalla prospettiva culturale e di governance. L’Italia si è adeguata così al recente “Regolamento sulla cybersicurezza” dell’Ue, individuando in tempi molto brevi il “centro nazionale di competenza” richiesto agli Stati membri.

L’ACN sarà un ente con “personalità giuridica di diritto pubblico”; il suo direttore – scelto dal premier per decreto, in accordo con il nuovo “Comitato interministeriale per la cyber sicurezza” (Cics) – sarà Roberto Baldoni fino ad oggi vicedirettore del Dis con delega alla cybersecurity, mentre il premier Mario Draghi avrà funzioni di “alto sorvegliante” sulla strategia nazionale di sicurezza cibernetica.

L’Agenzia avrà funzioni di difesa delle infrastrutture informatiche critiche del Paese e di coordinamento delle risorse del Recovery Fund dedicate alla cybersecurity.

 

18 Giugno 2021

Furto delle credenziali di accesso di Office 365: il phishing nelle immagini

 
Tratto da Blog Kaspersky
Autore: Roman Dedenok – 15/06/2021
 
 
Per aggirare i meccanismi di analisi dei testi, i criminali informatici ora diffondono le e-mail di phishing attraverso le immagini. Ecco come evitare questo pericolo.
 

Le moderne soluzioni anti-phishing e anti-spam si basano sempre più su una varietà di tecnologie di apprendimento automatico. L’uso di reti neurali per analizzare i testi rende difficile ingannare questi meccanismi, ed è per questo che i cybercriminali si sono rivolti verso un trucco semplice ma efficace: inserire il testo in un’immagine. Successivamente, aggiungono l’immagine al corpo del messaggio usando la codifica Base64 (generalmente, le immagini nei messaggi di posta elettronica sono ospitate su un sito web esterno e i client di posta non caricano le immagini delle e-mail provenienti dall’esterno dell’azienda). La maggior parte di queste e-mail vanno alla caccia delle credenziali di accesso a Microsoft Office 365.

L’e-mail di phishing in questione

Un’e-mail di phishing di questo tipo è fondamentalmente un’immagine su uno sfondo bianco (in questo si confonde con l’interfaccia predefinita di Outlook). Ecco qui un esempio di quanto stiamo parlando:

Imitazione di una e-mail generata automaticamente.

Come sempre, dobbiamo considerare se ogni elemento del messaggio è appropriato, nella norma e plausibile. Non c’è alcuna ragione legale per cui il formato di questa (o di una qualsiasi altra) e-mail debba essere un’immagine. In particolare, le e-mail generate automaticamente come le verifiche di account usano del testo. Controllare se l’e-mail è un’immagine o un testo è semplice: passate sopra un collegamento ipertestuale o un pulsante e verificate se il cursore del mouse cambia, con un testo normale lo farà. In questo caso, invece, cliccando su qualsiasi punto dell’immagine si aprirà il collegamento ipertestuale perché l’URL di destinazione è collegato all’immagine, quindi in pratica l’intera immagine è un pulsante/collegamento ipertestuale.

Se vi resta ancora qualche dubbio, provate a evidenziare una parte del testo o a ridimensionare la finestra del vostro programma di posta. Se si tratta di un’immagine, non sarete in grado di evidenziare alcuna parola e il ridimensionamento della finestra non causerà l’adattamento o il cambiamento della lunghezza delle righe di testo.

Lo stile generale della e-mail  non conferisce maggiore credibilità: i caratteri e l’interlinea variano, l’uso della punteggiatura è improprio e il linguaggio è inusuale. Sono tutti segnali di una probabile truffa. Certo, le persone commettono errori, ma i template di Microsoft tendono a non averne. Se vi accorgete di così tanti errori evidenti in un’e-mail, molto probabilmente si tratta di phishing.

Un’ultima cosa: la pretesa che l’account debba essere verificato entro 48 ore dovrebbe farvi suonare un ulteriore campanello d’allarme. I truffatori spesso cercano di mettere fretta agli utenti affinché compiano azioni avventate.

Il sito di phishing

Mettendo da parte l’e-mail, nemmeno il sito a cui si riferisce sembra convincente. Un sito legale appartenente a Microsoft dovrebbe essere ospitato su un dominio Microsoft; tuttavia, il banner “Create your website with WordPress.com” evidenzia chiaramente che il sito è stato costruito utilizzando la piattaforma di hosting gratuita WordPress.

 

Pessima imitazione di una pagina web Microsoft.

 

Nel complesso, un sito web di questo tipo assomiglia a uno vero, ma di 25 anni fa forse. Ecco la moderna pagina di accesso ai servizi Microsoft, affinché possiate fare un confronto: https://login.microsoftonline.com/.

Come difendervi

Una soluzione di sicurezza affidabile rileva le e-mail di phishing basandosi su diversi fattori, non solo sulla mera analisi del testo. Raccomandiamo quindi di utilizzare meccanismi moderni di protezione della posta come quelli offerti da Kaspersky Security for Microsoft Office 365.

Ogni postazione di lavoro dei dipendenti e ogni dispositivo connesso ha bisogno anche di sicurezza aggiuntiva, che farà da ulteriore barriera contro il phishing e altri trucchi.

Infine, non dimenticate di fomentare una maggiore consapevolezza tra i dipendenti delle best practices di sicurezza informatica attraverso una adeguata formazione. Se il personale è a conoscenza dei metodi più moderni impiegati dai cybercrminali, è meno probabile che cadano nella trappola del phishing.

Per ulteriori informazioni sulle soluzioni Kaspersky: dircom@argonavis.it

16 Giugno 2021