Lavoro: Garante, no all’uso delle impronte digitali dei dipendenti se manca base normativa

 
 
Tratto da www.garanteprivacy.it
 
 
Sanzione di 30.000 euro ad una Asp
 
 

Il Garante ha sanzionato per 30.000 euro l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Enna per l’utilizzo di un sistema di rilevazione delle presenze basato sul trattamento di dati biometrici dei dipendenti. A seguito del rafforzamento delle garanzie previste dal Regolamento e dal Codice privacy, per installare questo tipo di sistemi è necessaria infatti una base normativa che sia proporzionata all’obiettivo perseguito e che fissi misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati. Nel caso della Asp di Enna la base normativa invocata era carente, non essendo stato adottato il regolamento attuativo della legge 56/2019 (poi abrogata) che doveva stabilire garanzie per circoscrivere gli ambiti di applicazione e regolare le principali modalità del trattamento.

L’istruttoria dell’Autorità, avviata a seguito di alcuni articoli di stampa, ha consentito di accertare che il sistema di rilevazione presenze dell’Asp di Enna acquisiva le impronte digitali di oltre 2.000 dipendenti memorizzandole in forma crittografata sul badge di ciascun lavoratore. L’Azienda, poi, verificava l’identità del dipendente mediante il confronto tra il modello biometrico di riferimento, memorizzato all’interno del badge, e l’impronta digitale presentata all’atto del rilevamento della presenza e trasmetteva il numero di matricola del dipendente, la data e l’ora della timbratura, al sistema di gestione delle presenze.

L’Autorità ha ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Azienda sanitaria, che in questo modo si effettuava un trattamento di dati biometrici dei dipendenti (sia all’atto dell’emissione del badge, sia all’atto della verifica dell’impronta in occasione di ogni “timbratura” di ciascun dipendente,) in assenza di una idonea base giuridica. Né il consenso dei dipendenti, invocato dall’Asp quale fondamento del trattamento, può essere considerato valido, nel contesto lavorativo, a maggior ragione pubblico, per effetto dello squilibrio del rapporto tra dipendente e datore di lavoro.

Inoltre la struttura sanitaria, pur avendo informato il personale e i sindacati della scelta organizzativa compiuta, non aveva fornito tutte le informazioni sul trattamento, come richiesto dal Regolamento europeo in materia di privacy.

Considerati tutti gli aspetti della vicenda, il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati biometrici e ha applicato all’Asp 30.000 euro di sanzione. Ha inoltre disposto la cancellazione dei modelli biometrici memorizzati all’interno dei badge e chiesto all’Asp di far conoscere le iniziative che intende intraprendere per far cessare il trattamento dei dati biometrici dei dipendenti.

22 Febbraio 2021

Hanno cifrato i vostri dati: e adesso?

 

 
 
Tratto da: Blog Kaspersky
Autore: Chris Connell – 18/02/2021
 
 
Ecco come ridurre al minimo le conseguenze di un attacco ransomware aziendale
 
 

 

A volte, nonostante tutte le precauzioni, un’infezione riesce a insinuarsi nella vostra rete. In questo caso, bisogna avere sangue freddo per portare a termine operazioni rapide e decisive. La vostra risposta contribuirà a determinare se l’incidente diventerà un enorme grattacapo per l’azienda o sarà il suo fiore all’occhiello grazie a un’eccellente gestione della crisi.

Durante il processo di ripristino della situazione normale, non dimenticate di conservare testimonianze di tutte le vostre azioni, che assicurino la trasparenza agli occhi dei dipendenti e del mondo intero. E cercate di preservare ogni traccia possibile del ransomware per i successivi sforzi di localizzare qualsiasi altro strumento dannoso che prende di mira il vostro sistema. Questo significa salvare i log e altre tracce del malware che possono tornare utili durante le indagini successive.

Step 1: individuare e isolare

Il primo passo è quello di determinare la portata dell’intrusione. Il malware si è diffuso in tutta la rete? In più di un ufficio?

Cominciate a cercare i computer e i segmenti di rete infetti nell’infrastruttura aziendale e isolateli immediatamente dal resto della rete, per contenere la contaminazione.

Se l’azienda non ha molti computer, iniziate con un antivirus, una soluzione EDR e dei file log firewall. In alternativa, per implementazioni molto limitate, passate fisicamente da un dispositivo all’altro e controllate.

Se stiamo parlando di molti computer, vorrete analizzare gli eventi e i log nel sistema SIEM. Questo non eliminerà tutto il lavoro successivo di passaggio da un dispositivo all’altro, ma è un buon inizio per delineare il quadro generale.

Dopo aver isolato i dispositivi infetti dalla rete, create delle immagini disco e, se possibile, non toccate questi dispositivi fino alla fine dell’indagine (se l’azienda non può permettersi il tempo di inattività dei computer, create comunque le immagini, e salvate il dump della memoria per l’indagine).

Step 2: analizzare e agire

Avendo controllato il perimetro, ora disponete di una lista dei dispositivi i cui dischi sono pieni di file cifrati, più le immagini di quei dischi. Tutti i sistemi sono stati scollegati dalla rete e non rappresentano più una minaccia. Si potrebbe iniziare subito il processo di recupero, ma prima occupatevi della messa in sicurezza del resto della rete.

Ora è il momento di analizzare il ransomware, capire come è entrato e quali categorie lo usano di solito; va iniziato, quindi, il processo di caccia alle minacce. Il ransomware non compare dal nulla: un dropper, un RAT, un Trojan loader o qualcosa di simile lo ha installato. È necessario sradicare quel qualcosa.

Per farlo, conducete un’indagine interna. Scavate nei log per determinare quale computer è stato colpito per primo e perché quel computer non è riuscito a fermare l’assalto.

Sulla base dei risultati dell’indagine, liberate la rete dal malware avanzato e, se possibile, riavviate le operazioni aziendali. Successivamente, cercate di capite cosa avrebbe potuto fermarlo: cosa mancava in termini di software di sicurezza? Colmate le lacune riscontrate.

Step 3: fare pulizia e ripristinare

A questo punto, avrete già gestito la minaccia alla rete, così come la relativa falla da cui è passata. Ora, rivolgete la vostra attenzione ai computer che sono fuori servizio. Se non sono più necessari per l’indagine, formattate le unità e poi ripristinate i dati con il backup pulito più recente.

Se non disponete di una copia di backup adeguata, allora dovrete cercare di decifrare ciò che si trova sulle unità. Iniziate dal sito No Ransom di Kaspersky, dove potrebbe già esistere un decryptor per il ransomware in cui vi siete imbattuti e, se non esiste, contattate il vostro fornitore di servizi di sicurezza informatica per verificare l’esistenza di un aiuto. In ogni caso, non eliminate i file cifrati: di tanto in tanto appaiono nuovi decryptor, e domani potrebbe essercene uno che fa al caso vostro (non sarebbe la prima volta).

Indipendentemente dai particolari, non pagate il riscatto. Sponsorizzereste un’attività criminale, e comunque, le possibilità di ottenere indietro i vostri dati non sono alte. Oltre a bloccare i vostri dati, gli autori del ransomware potrebbero averli rubati proprio a scopo di ricatto. Infine, pagare gli avidi criminali informatici li incoraggia a chiedere più soldi. In alcuni casi, solo pochi mesi dopo essere stati pagati, gli intrusi sono tornati per chiedere un’ulteriore somma di denaro, minacciando di pubblicare tutto se non l’avessero ottenuta.

In generale, considerate qualsiasi dato rubato di dominio pubblico e siate pronti ad affrontare una fuga di informazioni. Prima o poi dovrete parlare dell’incidente: con i dipendenti, gli azionisti, le agenzie governative e, molto probabilmente, anche con i giornalisti. Apertura e onestà sono importanti e saranno sempre qualità apprezzate.

Step 4: prendere misure preventive

Un grande incidente informatico equivale sempre a grossi problemi; perciò, la prevenzione è la miglior cura. Preparatevi in anticipo a ciò che potrebbe andare storto:

  • Installate una protezione affidabile su tutti gli endpoint della rete (compresi gli smartphone);
  • Segmentate la rete e dotatela di firewall ben configurati; meglio ancora, utilizzate un firewall di nuova generazione (NGFW) o un prodotto simile che riceva automaticamente i dati sulle nuove minacce;
  • Guardate oltre l’antivirus e fate uso di potenti strumenti di caccia alle minacce;
  • Impiegate un sistema SIEM (per le grandi aziende) per ricevere notifiche immediate;
  • Informate i dipendenti sull’importanza della cybersecurity mediante sessioni regolari e interattive di formazione.

Il phishing che colpisce i provider di hosting

 

 
 
Tratto da: Blog Kaspersky
Autore: Roman Dedenok – 17/02/2021
 
 
Ecco perché i cybercriminali attaccano gli account sui siti dei provider di hosting e come
 
 

 

In questo articolo si parla di un episodio di hijacking (o dirottamento) abbastanza recente che ha coinvolto un account personale su un sito di provider di hosting. Un account di questo tipo è molto allettante per i criminali informatici: ecco come è avvenuto l’attacco e fino a dove può spingersi.

La tattica del phishing

L’attacco inizia con del classico phishing. In questo caso, i cybercriminali tentano di spaventare il destinatario spacciandosi per il provider di hosting per spingerlo a un’azione rapida invocando un fantomatico attacco informatico. I truffatori affermano di aver temporaneamente bloccato l’account in risposta a un tentativo di acquisto di un dominio sospetto. Per riprendere il controllo dell’account, il destinatario deve seguire il link indicato e accedere al suo account personale.

 

 

Email di phishing inviata da criminali informatici che si spacciano per un provider di hosting.

 

Il corpo del messaggio è pieno di campanelli d’allarme. Non contiene né il nome del provider né il suo logo, suggerendo l’uso di un template comune per i clienti di diversi hoster. Il nome appare solo una volta, nella casella del mittente; inoltre, questo nome non corrisponde al dominio di posta, un segno evidente di frode.

Il link porta a una pagina di login poco convincente. Anche la combinazione di colori non va bene. La speranza qui è che probabilmente l’utente agisca in preda al panico e non lo noti.

 

 

Pagine web false

 

Come in caso di un qualsiasi tipo di phishing, inserire le credenziali su questa pagina equivale a dare ai criminali informatici il pieno controllo dell’account. In questo caso, tuttavia, si parla di consegnare le chiavi del sito web aziendale. Stranamente, chiedono anche alcuni dettagli finanziari, il cui scopo non è chiaro.

Perché un provider di hosting?

Dando un’occhiata alla pagina di login, tutto va bene con i certificati del sito di phishing. La sua reputazione sembra a posto, tutto quanto ha senso; i criminali informatici non hanno creato il dominio, se ne sono impossessati, probabilmente usando un attacco simile.

Ciò che i criminali informatici possono fare con il controllo di un account personale sul sito web di un host dipende dal provider. Per fare qualche esempio, possono reindirizzare ad altri contenuti, aggiornare il contenuto del sito attraverso un’interfaccia web e cambiare la password FTP per la gestione dei contenuti. In altre parole, i criminali informatici hanno diversi assi nella loro manica.

Le possibilità sono troppo ampie? Bene, ecco alcune idee più specifiche. Se i criminali informatici prendono il controllo del sito, potrebbero aggiungere una pagina di phishing, usare il sito per ospitare un link che scarica un malware, o addirittura usarlo per attaccare i clienti. In breve, possono sfruttare il nome dell’azienda e la reputazione del sito per scopi dannosi.

Come difendersi dagli attacchi di phishing

Le e-mail di phishing possono essere molto persuasive. Per evitare di essere ingannati, prima di tutto, i dipendenti devono essere sempre all’erta. Si raccomanda quanto segue:

  • Mantenere sempre in vigore la politica di non cliccare mai su link diretti che reindirizzano ad account personali. Chiunque riceva un messaggio preoccupante dal proprio provider di hosting dovrebbe accedere al sito legittimo, digitando a mano l’indirizzo nella barra degli indirizzi del browser;
  • Attivare l’autenticazione a due fattori sul sito del provider. Se il provider non offre questa opzione, cercare di informarsi su quando ha intenzione di aggiungere questa funzionalità;
  • Cercare di indentificare i segnali evidenti di phishing (come una mancata corrispondenza tra il nome del mittente e il dominio di posta elettronica, o nomi di dominio errati sui siti web). L’ideale sarebbe insegnare ai dipendenti a identificare i tentativi di phishing (un’opzione è quella di utilizzare una piattaforma di formazione online come Kaspersky ASAP);
  • Installare soluzioni aziendali per la sicurezza della posta su tutti i server e dispositivi che i dipendenti usano per l’accesso a Internet.

18 Febbraio 2021

Kaspersky Automated Security Awareness Platform (ASAP): la formazione efficace dei dipendenti sulla sicurezza informatica

 

 
 
Autore: Redazione Argonavis
 
 

La formazione del personale è fondamentale per accrescere la Security Awareness tra i dipendenti, motivarli a prestare attenzione alla minacce informatiche e alle relative contromisure, anche se ciò non viene percepito come parte specifica delle loro responsabilità sul lavoro.

Molte aziende scelgono tra una formazione una tantum (come ad esempio “tutto sulla cybersecurity in 1 ora”) e programmi di formazione professionale ben strutturati di cui, però, utilizzano solo alcune funzioni e strumenti di base.

In genere si tratta di una serie di attacchi di phishing simulati, oltre ad alcune lezioni più generiche, perché gli altri elementi del programma sono troppo difficili da implementare e gestire.

Ad ogni modo, i dipendenti non acquisiscono le competenze necessarie a rafforzare efficientemente la strategia di sicurezza dell’organizzazione.

Tale formazione è, naturalmente e di conseguenza, considerata uno spreco di tempo e tutti i partecipanti continuano ad agire come prima.

Kaspersky Automated Security Awareness Platform (ASAP) è una soluzione di security awareness a 360°, per aziende di ogni dimensione, e rappresenta un nuovo approccio rispetto ai programmi formativi online che sono in grado di creare vere e proprie competenze di cybersecurity.

 

Automated Security Awareness Platform

 

L’approccio di Kaspersky Lab si basa su moderne tecniche di apprendimento e combina sessioni ludiche, in cui si generano anche interessanti dinamiche di gruppo, apprendimento attraverso attività pratiche e rafforzamento dei concetti.

Tra questi, l’approccio ludico rappresenta la chiave per formare l’atteggiamento delle persone e per costruire nuovi modelli comportamentali tramite il confronto e le discussioni durante le attività di gruppo in grado di stimolare l’apprendimento.

Questo approccio ha già registrato risultati:

  • Fino al 90% di riduzione del numero totale di incidenti
  • Non meno del 50% di riduzione dell’impatto finanziario degli incidenti
  • Un sorprendente 86%: la percentuale dei partecipanti disposta a consigliare l’esperienza.

Kaspersky ASAP offre all’organizzazione una guida integrata per tutti gli step del percorso verso una strategia aziendale di cybersecurity:

Step 1: Definizione degli obiettivi di formazione e del programma

Step 2: Garanzia che la formazione sia ottimale per tutti i dipendenti

Step 3: Controllo dei progressi con analisi e report pratici

Step 4: Apprezzamento della formazione: garanzia ed efficienza.

L’implementazione e la gestione della Piattaforma non richiedono risorse e configurazioni specifiche.

Per ulteriori informazioni o per richiedere una prova gratuita della Piattaforma: dircom@argonavis.it

16 Febbraio 2021

A tutti gli utenti: aggiornate immediatamente Google Chrome

 

Tratto da Blog Kaspersky
Autore: Kaspersky Team – 08/02/2021
 
 
I cybercriminali stanno sfruttando attivamente una pericolosa vulnerabilità presente in Google Chrome. È stata risolta con la versione 88.0.4324.150.
 
 

 

I ricercatori hanno individuato in Google Chrome una vulnerabilità critica, rinominata CVE-2021-21148. Consigliamo di prendere provvedimenti il prima possibile perché i criminali informatici la stanno già sfruttando. Le versioni del browser per i principali sistemi operativi desktop (Windows, MacOS e Linux) sono tutte vulnerabili. Ecco cosa sta succedendo e come aggiornare il vostro browser.

Perché la vulnerabilità CVE-2021-21148 è pericolosa

Questa vulnerabilità permette ai criminali informatici di eseguire un attacco heap overflow, una manipolazione che può portare all’esecuzione di un codice remoto sul dispositivo della vittima. Sfruttare la vulnerabilità può essere semplice, basta realizzare una pagina web dannosa e attirare delle vittime su di essa e, come risultato potenzialmente devastante, i cybercriminali possono ottenere il controllo totale del sistema colpito.

La componente vulnerabile in questo caso è il motore JavaScript V8 integrato nel browser. Google ha ricevuto informazioni sulla vulnerabilità il 24 gennaio scorso dal ricercatore per la sicurezza Mattias Buelens, e la società ha pubblicato una patch con la correzione il 4 febbraio. Google ha riconosciuto che alcuni hacker non ben definiti avrebbero sfruttato attivamente la vulnerabilità CVE-2021-21148 in the wild.

Secondo un articolo di ZDnet, la vulnerabilità può essere collegata ai recenti attacchi da parte di criminali informatici dalla Corea del Nord alla comunità di esperti in cybersecurity. Il modello di attacco per lo meno sembra avere delle notevoli somiglianze con lo sfruttamento della vulnerabilità CVE-2021-21148. Inoltre, la data della scoperta della vulnerabilità è molto vicina alla data in cui sono stati divulgati gli attacchi agli esperti. Tuttavia, non abbiamo ancora una conferma diretta di questa teoria.

Come al solito, Google sta aspettando che la maggior parte degli utenti attivi di Chrome abbiano aggiornato i loro browser per divulgare maggiori dettagli tecnici. Una decisione comprensibile: la divulgazione irresponsabile della vulnerabilità può portare a un rapido aumento degli attacchi.

Come mantenersi al sicuro

  • Aggiornate immediatamente Google Chrome sul vostro PC. Per farlo, cliccate sul pulsante con i tre puntini nell’angolo in alto a destra della finestra del browser e scegliete Impostazioni → Informazioni su Chrome. Una volta aperta questa pagina il vostro browser inizierà ad aggiornarsi automaticamente;
  • Riavviate il browser se richiesto affinché vengano applicate le modifiche. Procedete immediatamente e non preoccupatevi di perdere le schede aperte: le versioni moderne di Chrome ripristinano automaticamente le schede al riavvio o, in caso di arresto imprevisto, viene offerta la possibilità di ripristinarle;
  • Se la pagina Informazioni su Chrome indica che state già usando la versione 88.0.4324.150, allora il vostro browser è aggiornato e non dovrete più preoccuparvi della vulnerabilità CVE-2021-21148.

 

10 Febbraio 2021