Dark Pattern: modelli di progettazione ingannevoli

 
 
Tratto da www.garanteprivacy.it – 20/04/2023
 
 
Dark Pattern: modelli di progettazione ingannevoli che possono influenzare il comportamento di chi naviga online e ostacolare la protezione dei dati
 
 
 
 

Con la definizione di “modelli di progettazione ingannevoli” vengono indicate quelle interfacce e quei percorsi di navigazione progettati per influenzare l’utente affinché intraprenda azioni inconsapevoli o non desiderate – e potenzialmente dannose dal punto della privacy del singolo – ma favorevoli all’interesse della piattaforma o del gestore del servizio.

Detti anche Dark Pattern, i modelli di progettazione ingannevoli mirano dunque a influenzare il nostro comportamento e possono ostacolare la capacità di proteggere efficacemente i nostri dati personali.

Il 24 febbraio 2023, il Comitato europeo per la protezione dati (EDPB) ha pubblicato le linee guida su come riconoscere ed evitare questi sistemi. Il documento offre raccomandazioni pratiche a gestori dei social media, a designer e utenti su come comportarsi di fronte a queste interfacce che si pongono in violazione del Regolamento europeo in materia di protezione dati.

Le linee guida dell’EDPB individuano sei tipologie riguardo alle quali si può parlare di “modelli di progettazione ingannevoli”:

• quando gli utenti si trovano di fronte a una enorme numero di richieste, informazioni, opzioni o possibilità finalizzate a spingerli a condividere più dati possibili e consentire involontariamente il trattamento dei dati personali contro le aspettative dell’interessato (overloading)

• quando le interfacce sono realizzate in modo tale che gli utenti dimentichino o non riflettano su aspetti legati alla protezione dei propri dati (skipping)

• quando le scelte degli utenti sono influenzate facendo appello alle loro emozioni o usando sollecitazioni visive (stirring)

• quando gli utenti sono ostacolati o bloccati nel processo di informazione sull’uso dei propri dati o nella gestione dei propri dati (hindering)

• quando gli utenti acconsentono al trattamento dei propri dati senza capire quali siano le finalità a causa di un’interfaccia incoerente o poco chiara (flickle)

• quando l’interfaccia è progettata in modo da nascondere le informazioni e gli strumenti di controllo della privacy agli utenti (leftinthedark).

Ricordiamo che interfacce e informazioni sottoposte agli utenti dovrebbero sempre riflettere fedelmente le conseguenze dell’azione intrapresa ed essere coerenti con il percorso di esperienza-utente.

L’approccio alla progettazione deve essere dunque quello di non mettere in discussione la decisione della persona per indurla a scegliere o mantenere un ambiente meno protettivo nei confronti dei propri dati. Il modello deve invece essere utilizzato per avvisare la persona che una scelta appena compiuta potrebbe comportare rischi per i propri dati e la privacy.

26 Aprile 2023

La difesa in giudizio non giustifica l’accesso alla posta elettronica del lavoratore

 
Tratto da www.garanteprivacy.it – Newsletter del 15/03/2023
 
 
 
 
 
 

Il legittimo interesse a trattare dati personali per difendere un proprio diritto in giudizio non annulla il diritto dei lavoratori alla protezione dei dati personali. Tanto più se riguarda una forma di corrispondenza, come i messaggi di posta elettronica, la cui segretezza è tutelata anche costituzionalmente.

È una delle motivazioni con cui il Garante privacy ha sanzionato un’azienda che, dopo l’interruzione della collaborazione con un’esponente di una cooperativa, ne aveva mantenuto attivo l’account di posta elettronica, prendendo visione del contenuto e impostando un sistema di inoltro verso un dipendente della società.

La collaboratrice, prima che si definisse il rapporto di lavoro con l’azienda, aveva raccolto, a nome dell’azienda stessa e tramite una casella mail aperta per l’occasione, i riferimenti di potenziali clienti incontrati a una fiera.

Secondo l’azienda poi, il successivo tentativo di contattarli a nome della propria cooperativa aveva in seguito portato a un contenzioso giudiziale.

Quindi, nel timore di perdere i rapporti coi potenziali clienti, l’azienda non si era limitata a scrivere per spiegare loro che la persona era stata rimossa, ma ne aveva anche visionato le comunicazioni. Secondo il Garante, né l’esigenza di mantenere i rapporti con i clienti né l’interesse a difendere un proprio diritto in giudizio, legittimano un tale trattamento di dati personali. Per realizzare un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco (necessità di prosecuzione dell’attività economica del titolare e diritto alla riservatezza dell’interessato) sarebbe stato sufficiente attivare un sistema di risposta automatico, con l’indicazione di indirizzi alternativi da contattare, senza prendere visione delle comunicazioni in entrata sull’account.

Nel corso del procedimento è inoltre emerso che l’azienda, in quanto titolare del trattamento, non aveva fornito all’interessata né idoneo riscontro alla richiesta di cancellazione della casella e-mail né l’informativa sul trattamento dati. A nulla vale il fatto che il contratto di assunzione non fosse stato ancora firmato. Come ricorda l’Autorità, nell’ambito di trattative precontrattuali, infatti, l’obbligo di informare gli interessati è espressione del principio generale di correttezza.

 

15 Marzo 2023

Protezione dei dati personali: gli strumenti di tutela a disposizione dell’interessato

 
Tratto da www.garanteprivacy.it – 06/12/2022
 
 

Il Garante lancia una scheda informativa che illustra, in modo dettagliato, caratteristiche, differenze e modalità di impiego degli strumenti di tutela a disposizione dell’interessato previsti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali: la segnalazione e il reclamo.

L’iniziativa fa parte di un più ampio progetto dell’Autorità, che punta ad offrire strumenti per comprendere facilmente quali diritti sono riconosciuti alle persone in materia di protezione dei dati personali e illustrano le modalità per un concreto esercizio di tali diritti.

La scheda è pubblicata sul sito Internet del Garante alla pagina https://www.gpdp.it/home/diritti/come-agire-per-tutelare-i-tuoi-dati-personali

13 Dicembre 2022

Videosorveglianza: stop del Garante privacy a riconoscimento facciale e occhiali smart. L’Autorità apre istruttorie nei confronti di due Comuni

 
Tratto da www.garanteprivacy.it – 14/11/2022
 

Faro del Garante sui sistemi di videosorveglianza intelligente.

L’Autorità ha aperto un’istruttoria nei confronti del Comune di Lecce, che ha annunciato l’avvio di un sistema che prevede l’impiego di tecnologie di riconoscimento facciale.

In base alla normativa europea e nazionale, ha ricordato l’Autorità, il trattamento di dati personali realizzato da soggetti pubblici, mediante dispositivi video, è generalmente ammesso se necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri. 

Ma i Comuni, ha sottolineato il Garante, possono utilizzare impianti di videosorveglianza, solo a condizione che venga stipulato il cosiddetto “patto per la sicurezza urbana tra Sindaco e Prefettura”.

Inoltre, fino all’entrata in vigore di una specifica legge in materia, e comunque fino al 31 dicembre 2023, in Italia non sono consentiti l’installazione e l’uso di sistemi di riconoscimento facciale tramite dati biometrici, a meno che il trattamento non sia effettuato per indagini della magistratura o prevenzione e repressione dei reati. La moratoria nasce dall’esigenza di disciplinare requisiti di ammissibilità, condizioni e garanzie relative al riconoscimento facciale, nel rispetto del principio di proporzionalità.

Il Comune dovrà quindi fornire all’Autorità una descrizione dei sistemi adottati, le finalità e le basi giuridiche dei trattamenti, un elenco delle banche dati consultate dai dispositivi e la valutazione d’impatto sul trattamento dati, che il titolare è sempre tenuto ad effettuare nel caso di “sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico”.

Sempre in materia di videosorveglianza, il Garante ha avviato un’istruttoria anche nei confronti del Comune di Arezzo, dove, secondo notizie di stampa, a partire dal 1° dicembre 2022 è prevista la sperimentazione di “super-occhiali infrarossi” (che rileverebbero le infrazioni dal numero di targa e, collegandosi ad alcune banche dati nazionali, sarebbero in grado di verificare la validità dei documenti del guidatore).

L’Autorità ha messo in guardia dall’uso di dispositivi video che possano comportare – anche indirettamente – un controllo a distanza sulle attività del lavoratore e ha invitato al rispetto delle garanzie previste dalla disciplina privacy e dallo Statuto dei lavoratori.

Anche il Comune di Arezzo dovrà fornire copia dell’informativa che sarà resa agli interessati, sia cittadini a cui si riferiscono i veicoli e sia personale che indosserà i dispositivi, e la valutazione d’impatto sul trattamento dei dati che li riguarda.

16 Novembre 2022

Pa: attenzione a quando si pubblicano dati on line

 
 
Tratto da www.garanteprivacy.it – Newsletter del 26/07/2022
 
 
 
 
 

Quando pubblicano atti e documenti on line, le Pubbliche amministrazioni devono porre la massima attenzione a non diffondere dati che non siano pertinenti rispetto alle finalità di trasparenza perseguite. Lo ha ribadito il Garante privacy nel comminare una sanzione di 10 mila euro a un Comune.

L’Autorità è intervenuta su richiesta di un reclamante che lamentava la diffusione di dati personali contenuti all’interno di un curriculum vitae pubblicato sul sito web istituzionale di un Comune, con cui da tempo aveva cessato l’attività lavorativa. Con il reclamo l’interessato aveva anche fatto presente la peculiare condizione personale, in ragione della quale la diffusione dei dati avrebbe potuto comportare dei rischi per sé e per la famiglia.

Nel corso dell’istruttoria il Garante ha accertato che il curriculum era rimasto disponibile online oltre l’arco temporale previsto dalla disciplina di settore e che la circostanza aveva comportato la diffusione dei dati in assenza di base giuridica. Il Comune non aveva neanche operato un’attenta selezione dei dati in esso contenuti (indirizzo di residenza, numero di cellulare e indirizzo di posta elettronica personali).

Quanto alla tesi difensiva avanzata dal Comune, secondo la quale la pubblicazione del curriculum del reclamante sarebbe dipesa dalla condotta negligente del fornitore cui era stata affidata all’epoca la gestione della pagina “Amministrazione Trasparente” del sito, il Garante ha ricordato che spetta al titolare del trattamento, quindi nel caso in esame al Comune, impartire adeguate indicazioni ai fini della corretta gestione del ciclo di vita dei dati a chi li tratta per suo conto. Indicazioni che l’Ente aveva mancato di dare alla società affidataria del servizio informatico.

La diffusione dei dati personali del reclamante era pertanto avvenuta in maniera non conforme ai principi di “liceità, correttezza e trasparenza” e “minimizzazione dei dati”. Tra le altre violazioni riscontrate dall’Autorità, anche la mancata risposta da parte del Comune alla richiesta di esercizio dei diritti dell’interessato.

Nel determinare l’ammontare della sanzione il Garante privacy ha tenuto favorevolmente in considerazione che la violazione non ha riguardato categorie particolari di dati personali e ha coinvolto un solo interessato. Il titolare ha inoltre fornito assicurazioni in merito alle modalità con cui in futuro provvederà a pubblicare atti e documenti contenenti dati personali sul proprio sito web istituzionale.

27 Luglio 2022