Nuova versione di Libraesva Email Security Gateway

Tratto da www.libraesva.com
 

 

Il 29 dicembre 2020  Libraesva ha rilasciato la versione 4.9 di Libraesva Email Security Gateway.

Tutti i clienti sono invitati a installare l’aggiornamento, consultando il sito https://docs. libraesva.com/download/libraesva-esg-4-8-to-4-9-upgrade/

I clienti che hanno Libraesva Private Cloud avranno le proprie macchine  aggiornate automaticamente; se desiderassero eseguire l’aggiornamento prima , è possibile procedere in autonomia consultando il link sopra.

Tutte le funzionalità e i miglioramenti sono inclusi come standard in tutte le versioni di Libraesva ESG, se non diversamente specificato.

Di seguito viene riportata una panoramica delle modifiche apportate con la versione 4.9 di Libraesva Email Security Gateway.

 

 

Nuova autenticazione multifattoriale con T-OTP

Fino alla versione precedente di Libraesva ESG, l’accesso all’appliance era semplicemente correlato a un nome utente e una password.

Ora è stata implementata l’autenticazione a più fattori per gli utenti del database locale (utenti e amministratori).

E’ in uso il Time-Based OTP (password monouso) che può essere utilizzato insieme all’APP Google Authenticator (o qualsiasi altra applicazione che accetti T-OTP) per MFA.

MFA viene offerto a tutti i tipi di utente non solo M365 o G Suite.

 

Riparazione delle minacce per G Suite

Libraesva ESG Email Threat Remediation è una funzione per richiamare i messaggi consegnati alle caselle di posta gestite dell’utente.

Grazie al nuovo connettore ora è possibile richiamare direttamente dall’interfaccia Libraesva ESG l’email che si ha nella propria casella di posta (inbox) di G Suite.

Guida: https://docs.libraesva.com/document/threat-remediation/g-suite-threat-remediation-settings/

 

 

Certificati TLS personalizzati

Questi certificati possono essere utilizzati per inoltrare la posta elettronica a domini interni.

 

 

Gli URL riscritti da URLSand possono essere registrati in syslog

Aggiunta al syslog di URL riscritti da URLSand Sandbox Libraesva al fine di convogliare queste informazioni in un SIEM e sapere quali URL sono stati riscritti e in quale messaggio sono incorporati.

Esempio: 6 gennaio 07:01:56 mail MailScanner [17998]: Controlli del contenuto: rilevati e disattivati bug web, commenti, tag urlrewriter nel messaggio HTML in 47B5341303.A63C4 da msprvs1=18640e84entrf=bounces-1@bounce.nytimes.com .

 

Nuove regole configurabili per la riscrittura dell’indirizzo del mittente/destinatario/dominio

E’ stata implementata una riscrittura del dominio per i clienti che hanno due domini che desiderano gestire come uno solo. Ora Libraesva ESG può sostituire in modo trasparente domini o indirizzi e-mail, sia per il mittente che per il destinatario.

Esempio: Libraesva.com e Libraesva.it. Riscriveremo Libraesva.it in .com e lo tratteremo come Libraesva.com .

 

Per ulteriori informazioni: dircom@argonavis.it

29 Gennaio 2021

Aggiornate subito iOS e iPadOS alla versione 14.4

 

Tratto da Blog Kaspersky
Autore: Hugh Aver – 27/01/2021
 
 
La versione 14.4 corregge alcune vulnerabilità che i cybercriminali stanno sfruttando attivamente. Installate questo aggiornamento il prima possibile.
 
 
 

Apple ha rilasciato un aggiornamento di sicurezza per far fronte a tre vulnerabilità zero-day: CVE-2021-1780, CVE-2021-1781 e CVE-2021-1782. Apple ritiene che alcuni cybercriminali non ben definiti stiano già sfruttando queste vulnerabilità, ed è per questo che l’azienda consiglia a tutti gli utenti iOS e iPadOS di aggiornare i propri sistemi operativi.

Le vulnerabilità

CVE-2021-1780 e CVE-2021-1781 sono vulnerabilità nel motore browser WebKit, utilizzato dal browser predefinito Safari. Secondo Apple, entrambe le vulnerabilità possono portare all’esecuzione arbitraria di codice sul dispositivo interessato.

Gli utenti di altri browser hanno comunque bisogno di questo aggiornamento. Anche se sul sistema è presente un altro browser, infatti, altre applicazioni potrebbero utilizzare il motore Safari per la navigazione in-app. La presenza stessa di un motore vulnerabile nel sistema rappresenta di per sé un pericolo.

CVE-2021-1782 è una vulnerabilità nel kernel del sistema. Apple la descrive come un errore race condition che qualcuno potrebbe utilizzare per conferire maggiori privilegi a un processo.

Secondo le informazioni disponibili, alcuni cybercriminali sconosciuti potrebbero stare già sfruttando queste vulnerabilità. Potrebbero servirsene per una catena di exploit; tuttavia, con le indagini in corso, e per la protezione degli utenti, Apple prevede di rimandare la diffusione di ulteriori dettagli. Anche il database CVE manca di informazioni precise al momento.

Come proteggere i vostri dispositivi iOS

  • Aggiornate il prima possibile tutti gli iPhone e iPad alla versione iOS/iPadOS 14.4. Secondo il sito di Apple, l’aggiornamento è disponibile per iPhone 6s e successivi, iPad Air 2 e successivi, iPad mini 4 e successivi, e iPod touch di settima generazione;
  • Se il vostro dispositivo è meno recente e non supporta la versione 14.4 di iOS o iPadOS, installate un altro browser in alternativa a Safari e impostatelo come browser predefinito. Ad esempio, a partire da iOS 11, è possibile utilizzare Firefox o DuckDuckGo, e a partire da iOS 12, potete anche optare per Google Chrome.

28 Gennaio 2021

Data breach: le istruzioni dei Garanti privacy Ue per gestire le violazioni di dati

 
Tratto da www.garanteprivacy.it
 
 
Adottate le nuove linee guida, avviata una consultazione pubblica europea
 
 

Come procedere in caso di attacchi ransomware, di esfiltrazione di dati, di perdita o furto di dispositivi e documenti cartacei? A questa e ad altre domande rispondono le linee guida, adottate dall’Edpb (Comitato europeo per la protezione dei dati), per aiutare imprese e pubblica amministrazione ad affrontare correttamente le violazioni dei dati e definire i processi di gestione del rischio.

Le “Guidelines 01/2021 on Examples regarding Data Breach Notification”, approvate nella riunione plenaria del 14 gennaio scorso, si basano sull’analisi dei casi più significativi di violazione dei dati – affrontati dai Garanti privacy nazionali, incluso quello italiano – subiti da banche, ospedali, medie imprese, municipalità, società che offrono servizi online di vario genere.

Sul documento l’Edpb ha avviato una consultazione pubblica per un periodo di sei settimane (fino al 2 marzo 2021).

Le linee guida presentano, per ciascuna casistica, esempi di buone o cattive pratiche, raccomandano modalità di identificazione e valutazione dei rischi (evidenziando i fattori che meritano particolare considerazione), indicano in quali casi chi tratta i dati deve notificare la violazione all’Autorità Garante e, se necessario, informare le persone coinvolte.

Tra le mancanze più frequenti ricordati dalle Linee guida vi è, ad esempio, l’omessa cifratura dei dati che consente a chi li acquisisce in maniera fraudolenta di consultare informazioni riservate. Potrebbe facilitare violazioni anche la non corretta gestione dell’autenticazione degli utenti a siti web, magari a causa dell’utilizzo di password deboli o conservate in chiaro. Nel settore bancario, potrebbe causare enormi danni l’impiego di identificativi di sessione all’interno degli indirizzi web degli utenti, informazioni che facilitano l’accesso illecito a contenuti che dovrebbero rimanere protetti. Drammatiche potrebbero essere le conseguenze di un attacco ransomware (un virus informatico che rende inservibili i dati fino al pagamento di un eventuale riscatto) ai referti e ad altri documenti dei pazienti di un ospedale, a meno che la struttura sanitaria non abbia provveduto a effettuare un backup separato dei dati. Non bisogna sottovalutare anche i problemi che può causare una semplice e-mail spedita ai destinatari sbagliati.

Il testo, che integra e aggiorna gli orientamenti già forniti negli anni passati dal Gruppo “Articolo 29”, proprio per offrire un contributo concreto a imprese e Pa, analizza anche le misure adottate dai titolari del trattamento, prima di aver subito un data breach, per prevenire o attenuare i rischi di una potenziale violazione dei dati. E propone una lista di misure di prevenzione ai vari problemi rilevati.

27 Gennaio 2021

Come creare un cluster di failover in Windows Server 2019

Tratto da Blog Veeam
Autore: Hannes Kasparick – 15/12/2020
 

Questo articolo offre una breve panoramica su come creare un Cluster di failover di Microsoft Windows (WFC) con Windows Server 2019 o 2016. Il risultato sarà un cluster a due nodi con un disco condiviso e una risorsa di calcolo del cluster (oggetto computer in Active Directory).

Preparazione

Indipendentemente dall’uso di macchine fisiche o virtuali, assicurati che la tua tecnologia sia adatta ai cluster Windows. Prima di iniziare, accertati di soddisfare i seguenti prerequisiti:

Due macchine Windows 2019 con gli ultimi aggiornamenti installati. Le macchine hanno almeno due interfacce di rete: una per il traffico di produzione, una per il traffico del cluster. Nel mio esempio, sono presenti tre interfacce di rete (una aggiuntiva per il traffico iSCSI). Preferisco gli indirizzi IP statici, ma è possibile usare anche il DHCP.

Unisci entrambi i server al dominio Microsoft Active Directory e assicurati che rilevino il dispositivo di storage condiviso disponibile nella gestione disco. Non portare ancora online il disco.

Il passaggio successivo prima di poter davvero iniziare è aggiungere la funzionalità Clustering di failover (Server Manager > Aggiungi ruoli e funzionalità).

Riavvia il server, se necessario. In alternativa, puoi anche utilizzare il seguente comando di PowerShell:

 
Install-WindowsFeature -Name Failover-Clustering –IncludeManagementTools

Dopo la corretta installazione, Gestione cluster di failover viene visualizzato nel menu Start in Strumenti di amministrazione Windows.

Dopo aver installato la funzionalità Failover-Clustering, puoi portare online il disco condiviso e formattarlo su uno dei server. Non modificare nulla sul secondo server. Sul secondo server, il disco rimane offline.

Dopo un aggiornamento della gestione disco, viene visualizzato qualcosa di simile a questo:

Server 1 Gestione disco (stato del disco online)

Server 2 Gestione disco (stato del disco offline)

Controllo della disponibilità del cluster di failover

Prima di creare il cluster, dobbiamo assicurarci che tutto sia impostato correttamente. Avvia Gestione cluster di failover dal menu start e scorri verso il basso fino alla sezione di gestione, quindi fai clic su Convalida configurazione.

Seleziona i due server per la convalida.

Esegui tutti i test. C’è anche una descrizione delle soluzioni supportate da Microsoft.

Dopo esserti assicurato che tutti i test applicabili siano stati superati con lo stato “riuscito”, puoi creare il cluster utilizzando la casella di controllo Crea il cluster ora utilizzando i nodi convalidati, oppure puoi farlo in un secondo momento. In caso di errori o avvisi, è possibile utilizzare il report dettagliato facendo clic su Visualizza report.

Creare il cluster di failover

Se scegli di creare il cluster facendo clic su Crea cluster in Gestione cluster di failover, ti verrà chiesto di nuovo di selezionare i nodi del cluster. Se utilizzi la casella di controllo Crea il cluster ora utilizzando i nodi convalidati dalla procedura guidata di convalida del cluster, salterai quel passaggio. Il passaggio successivo rilevante è la creazione del Punto di accesso per l’amministrazione del cluster. Questo sarà l’oggetto virtuale con cui i client comunicheranno in seguito. È un oggetto computer in Active Directory.

La procedura guidata richiede il Nome cluster e la configurazione dell’indirizzo IP.

Come ultimo passaggio, conferma tutto e attendi la creazione del cluster.

La procedura guidata aggiungerà automaticamente il disco condiviso al cluster per impostazione predefinita. Se non l’hai ancora configurato, è possibile farlo anche in seguito.

Al termine, vedrai un nuovo oggetto computer di Active Directory denominato WFC2019.

È possibile eseguire il ping del nuovo computer per verificare se è in linea (se consenti il ping sul firewall di Windows).

In alternativa, puoi creare il cluster anche con PowerShell. Il comando seguente aggiungerà automaticamente anche tutto lo spazio di storage idoneo:

 
New-Cluster -Name WFC2019 -Node SRV2019-WFC1, SRV2019-WFC2 -StaticAddress 172.21.237.32

Puoi vedere il risultato in Gestione cluster di failover in Nodi e nelle sezioni Archiviazione > Dischi .

L’immagine mostra che il disco è attualmente utilizzato come quorum. Poiché vogliamo utilizzare quel disco per i dati, dobbiamo configurare manualmente il quorum. Dal menu contestuale del cluster, scegli Altre azioni > Configurazione impostazioni quorum per il cluster.

Qui vogliamo selezionare manualmente il quorum di controllo.

Attualmente, il cluster utilizza il disco configurato in precedenza come disco di controllo. Le opzioni alternative sono controllo di condivisione file o un account di storage di Azure come controllo. In questo esempio utilizzeremo il controllo di condivisione file. Ecco una guida dettagliata sul sito Web di Microsoft per il cloud di controllo. Consiglio sempre di configurare un quorum di controllo per operazioni corrette. Quindi, l’ultima opzione non è in realtà un’opzione per la produzione.

Basta indicare il percorso e terminare la procedura guidata.

Dopodiché, il disco condiviso è disponibile per l’uso con i dati.

Congratulazioni, hai configurato un cluster di failover Microsoft con un disco condiviso.

Passaggi successivi e backup

Uno dei passaggi successivi consiste nell’aggiungere un ruolo al cluster, un’operazione che non rientra nell’ambito di questo articolo. Non appena il cluster contiene dei dati, è arrivato il momento di pensare a eseguire il backup del cluster. Veeam Agent for Microsoft Windows è in grado di eseguire il backup dei cluster di failover di Windows con dischi condivisi. Consigliamo inoltre di eseguire backup dell’intero sistema del cluster. In questo modo si esegue anche il backup dei sistemi operativi dei membri del cluster, contribuendo ad accelerare il ripristino di un nodo del cluster guasto, poiché non è necessario cercare driver o altro in caso di un ripristino.

Cyber security: la sicurezza aziendale che ti salva la vita!

Tratto da BitMAT
Autore: Redazione BitMAT – 19/01/2021
 

BITMAT - Cyber security la sicurezza aziendale che ti salva la vita

Con il termine cyber security si intende la protezione dei sistemi informatici (computer, reti di telecomunicazione, smartphone, ecc.) e delle informazioni digitali da attacchi interni e, soprattutto, esterni. Sinonimi di questo termine sono IT security, ICT security, sicurezza informatica e sicurezza delle informazioni.

I principali attacchi hacker

1. Attacchi brute force (forza bruta) e password sicure

Le misure di sicurezza sono utilizzate per ridurre i rischi, non per eliminarli. Per capire questo concetto, partiamo dalle password. I malintenzionati che quotidianamente provano ad attaccare i servizi sul web utilizzano programmi specializzati che provano migliaia di password al secondo, ventiquattr’ore su ventiquattro. Questo il motivo per cui la password dovrebbe essere complessa: idealmente dovrebbe essere composta da caratteri casuali, in modo da non dare nessun indizio all’attaccante su quale potrebbe essere la password. L’unico modo per indovinarla a questo punto sarebbe quello che si chiama attacco di forza bruta o brute force, che consiste semplicemente nel provare tutte le password fino a che non si trova quella giusta.

Per creare password sicure esiste una soluzione chiamata password manager. I password manager sono piccoli programmi installabili su pc o su smartphone, che permettono di generare password casuali senza alcuno sforzo, conservandole e proteggendole per noi con un’unica password. Dovendo accedere a un servizio, dal password manager copiamo la sua specifica password e la incolliamo nella pagina di autenticazione senza più bisogno di ricordarla. L’unica password che ci dovremo ricordare, e che dovrà essere veramente buona, sarà quella di accesso al password manager.

2. Attacchi di phishing

Attacco di phishing è il metodo usato dai malintenzionati per convincere gli utenti ad accedere a un sito esca/fasullo utilizzando le proprie credenziali. Il sito all’apparenza è uguale a quello originale, ma nella realtà è gestito dagli stessi malintenzionati.

Come proteggersi? Due sono le soluzioni: abbandonare la semplice password a favore di meccanismi di strong authentication e monitorare gli accessi per rilevare anomalie. I due meccanismi possono essere uniti per utilizzare la sola password quando si tratta di accessi “normali’ o di operazioni poco critiche, utilizzando invece l’autenticazione forte per accessi anomali od operazioni critiche.

La tecnologia però da sola non basta: fondamentale che gli utenti siano sensibili al problema.

3. Ransomware (Cryptolocker)

Attraverso gli stessi canali, e principalmente con la posta elettronica, può entrare in azienda il ransomware. Si tratta di malware che, una volta installatosi su di un computer aziendale, cifra i file di dati a cui hanno accesso, costringendo l’azienda a pagare un riscatto (ransom) per avere le chiavi di decifratura.

E’ proprio grazie al ransomware se il panorama della cyber security è cambiato. Diverse erano infatti le aziende, soprattutto medio-piccole, con la convinzione di non essere particolarmente vulnerabili e interessanti per gli attacchi da Internet.

Come proteggersi dal ransomware?

Sicuramente uno strumento fondamentale è l’antivirus, utile a prevenire le infezioni. Va anche detto che però da soli sono sempre meno efficaci poiché chi scrive i malware acquista gli antimalware e testa i propri prodotti fino a che non riescono a non essere rilevati. Solo a quel punto li diffondono mettendo in difficoltà i produttori di antivirus che necessitano poi di tempo per rilevare queste nuove varianti di malware e per istruire i propri prodotti a riconoscerli.

Fra le procedure per la protezione dei propri dati dal ransomware, è fondamentale il processo di backup che permette all’azienda di ripristinare i propri dati limitandone i danni. Nulla garantisce però all’azienda che, una volta pagato il riscatto, otterrà effettivamente la chiave efficace per decifrare i file; sempre più spesso accade che la chiave non venga inviata o che un difetto del malware non permetta il recupero dei file nonostante si sia ricevuta la chiave.

Cyber security: prevenzione e difesa

Primo step è la sponsorizzazione da parte dei manager aziendali di iniziative atte alla sicurezza, non riducendola a un mero problema del reparto IT. Si tratta di tutelare il patrimonio aziendale: la protezione non è rivolta ai pc ma a tutte le informazioni di valore  per l’azienda.

Di conseguenza, il primo passo è identificare e valutare i rischi principali.

Da cosa partire? Da due documenti fondamentali: la policy di sicurezza e il regolamento utente. La policy di sicurezza è un documento che definisce i principi fondamentali nella gestione della sicurezza in azienda, si dichiara il commitment dell’azienda verso la protezione del proprio patrimonio informativo e si identificano le figure chiave che hanno in carico la gestione della cyber security, dando quindi loro l’autorevolezza per stabilire regole nell’uso e nella gestione del sistema informativo, diversamente difficile da far valere verso il personale. Il regolamento utente, invece, chiarisce quali sono i corretti e legittimi usi del sistema informativo e quali i comportamenti che gli utenti (personale ma anche consulenti, fornitori ecc.) devono tenere nell’utilizzo del sistema informativo aziendale e delle risorse quali Internet, posta elettronica, ecc.

A questi due documenti fondamentali si possono affiancare altre policy e procedure (gestione dei backup, gestione degli incidenti, ecc.) che, a seconda delle caratteristiche dell’organizzazione, possono essere più o meno strutturate.

Un’attenzione particolare va ai fornitori esterni: affidare la sicurezza a un servizio non significa scaricare il problema al fornitore pensando che non ci riguardi più; le risorse che si vogliono proteggere continuano ad essere patrimonio e responsabilità dell’azienda, che quindi dovrà assicurarsi che il livello della sicurezza del fornitore si mantenga adeguato, prima di tutto attraverso impegni contrattuali adeguati, e poi mediante audit e reportistica.

Infine, come anticipato, sono fondamentali la formazione e la sensibilizzazione del personale. Il comportamento e la disattenzione del personale sono la strada principale attraverso cui gli attaccanti riescono ad accedere al sistema informativo aziendale, molto più che attraverso vulnerabilità tecniche. La capacità degli utenti di comportarsi in modo sicuro e la formazione del personale tecnico sulle buone pratiche di sicurezza nella gestione del sistema informativo, sono quindi essenziali.

Perdita di dati e come comportarsi

Anche con la migliore gestione della sicurezza però, gli incidenti avvengono.

Come reagire?

L’azienda dovrà valutare se ripristinare sistemi e servizi o se invece non sarà più opportuno contenere l’incidente e raccogliere al contempo informazioni sull’attacco, attraverso quali canali è stato praticato e quali altre parti del sistema informativo sono state coinvolte, in modo da eliminare le vulnerabilità e migliorare la gestione della sicurezza.

Per gli incidenti più gravi, se definito, può anche scattare il piano di continuità operativa aziendale, in particolare le attività di disaster recovery che si occupano specificamente del ripristino dell’operatività del sistema informativo, sistema nervoso dell’azienda senza il quale questa non può funzionare a lungo.

La gestione della sicurezza, come si evince, richiede un impegno sia da parte delle piccole che delle grandi aziende che dovranno assegnare risorse coerenti con le esigenze aziendali.

Esigenze che finalmente le aziende cominciano a comprendere, investendo anche nei professionisti della cyber security, figure oggi molto ricercate.

26 Gennaio 2021