7 motivi per cui il backup di Microsoft 365 è essenziale

Tratto da Blog Veeam
Autore: Edward Watson – 12/05/2022
 

Le organizzazioni continuano a passare a Microsoft 365 per la facilità di collaborazione nel cloud. Con il diffondersi della pandemia all’inizio del 2020, è aumentata anche la necessità di supportare il lavoro a distanza. Questo ha causato una massiccia adozione di Microsoft Teams, che non sta rallentando la sua corsa.

Durante tutto questo periodo, il prodotto Veeam in più rapida crescita, Veeam Backup for Microsoft 365, ha protetto i dati di Office 365 dei clienti, anche di Microsoft Teams con il supporto dedicato al backup di Teams.

Attualmente, la ricerca interna Veeam e gli analisti del settore rilevano che Veeam è il leader del backup di Microsoft 365 in termini di quota di mercato complessiva.

Leggendo questo articolo, si potrebbe pensare: “Microsoft non si occupa del backup di Office 365?”

È importante ricordare che i provider di piattaforme SaaS, come Microsoft 365, si assumono la responsabilità del tempo di attività delle applicazioni e dell’infrastruttura sottostante. Tuttavia, è responsabilità del cliente gestire e proteggere i propri dati aziendali vitali, secondo il modello a responsabilità condivisa di Microsoft. Inoltre, vale la pena notare che, mentre molte delle funzionalità native integrate in Microsoft 365 possono sembrare dei backup, nessuna di esse aderisce alla definizione comune di backup, ovvero una copia separata dei dati archiviati in una posizione diversa che può essere rapidamente e facilmente ripristinata.

Veeam ha identificato 7 motivi per cui il backup dei dati di Office 365 è critico:

  1. Cancellazione accidentale: il primo motivo è in realtà il problema più comune per la perdita di dati in Microsoft 365. Se cancelli un utente, per errore o meno, quella cancellazione viene replicata in tutta la rete. Un backup può ripristinare quell’utente, in Exchange on-premises o in Office 365.
  2. Lacune e confusione nelle policy di retention: le policy di retention in Office 365 sono progettate per aiutare le organizzazioni a rispettare le normative, le leggi e le policy interne che richiedono la retention o l’eliminazione dei contenuti, non sono dei backup. Tuttavia, anche se fai affidamento sulle policy di retention al posto del backup, è difficile tenerne il passo, per non parlare della loro gestione. Un backup fornisce una retention più lunga e accessibile, il tutto protetto e archiviato in un’unica posizione per un facile ripristino.
  3. Minacce alla sicurezza interna: quando pensiamo alle minacce alla nostra attività, di solito lo facciamo in termini di protezione da quelle esterne. Tuttavia, molte aziende sono sottoposte a minacce provenienti dall’interno, e tutto questo accade molto più spesso di quanto si pensi. Disporre di una soluzione di ripristino di alto livello riduce il rischio di perdita o distruzione di dati critici.
  4. Minacce alla sicurezza esterna: il ransomware diventa sempre più sofisticato e i criminali trovano sempre più modi per raggiungere i nostri utenti, inducendoli a fare clic su un collegamento in modo da crittografare i dati dell’intera organizzazione a scopo di riscatto. Un backup può facilmente ripristinare i dati in un’istanza prima dell’attacco.
  5. Requisiti legali e di conformità: all’interno di Microsoft 365 sono presenti funzionalità di eDiscovery integrate, ma una soluzione di backup di terze parti è appositamente progettata per eseguire facilmente ricerche all’interno di un backup e ripristinare rapidamente i dati per soddisfare qualsiasi esigenza di conformità normativa.
  6. Gestione di distribuzioni e migrazioni di e-mail ibride a Office 365: che tu stia migrando a Microsoft 365 o abbia un mix di utenti Exchange on-premises e Microsoft 365, i dati business-critical devono essere gestiti e protetti allo stesso modo, indipendentemente dalla loro origine.
  7. Struttura dei dati di Teams: il backend di Teams è molto più complesso di quanto si pensi. Teams non è un’applicazione autonoma, e ciò significa che i dati generati in Teams risiedono in altre applicazioni, come Exchange Online, SharePoint Online e OneDrive. Con questo ulteriore livello di complessità, garantire che i dati siano adeguatamente protetti è fondamentale.

Veeam offre una Modern Data Protection per carichi di lavoro virtuali, fisici, cloud, SaaS e Kubernetes e i clienti apprezzano di poter disporre del pieno controllo sui propri dati di Office 365 e della protezione dai 7 motivi trattati sopra.

Per ulteriori informazioni sui prodotti Veeam: dircom@argonavis.it

13 Maggio 2022

Pagamento dei ransomware: è opportuno? I pareri degli analisti di Gartner

 
Tratto da www.zerounoweb.it
Autore: Marta Abbà – Fonte TechTarget – 09/11/2021
 
 

Durante l’IT Symposium di Gartner, gli analisti hanno discusso le complessità che le aziende devono affrontare nel decidere se cedere o meno alle richieste di riscatto

 

https://d3npc921eoaj06.cloudfront.net/wp-content/uploads/2021/11/08113827/Img-base-Articoli-1024x576.jpg

 

Se per una qualsiasi organizzazione essere colpiti da un ransomware può considerarsi quasi un evento inevitabile o molto probabile, secondo gli analisti di Gartner, il cedere invece alle richieste di riscatto è una decisione che resta nelle mani delle vittime.

Durante il Gartner IT Symposium 2021 – Americas , gli analisti di Gartner Paul Proctor e Sam Olyaei hanno discusso la gravità del panorama ransomware in una sessione dal titolo “Crossroads: Dovresti pagare il riscatto?” esprimendosi in linea di massima contro il pagamento del ransomware ma illustrando una serie di considerazioni che le imprese possono fare per valutare come muoversi, ad esempio relative alla portata dell’attacco, agli importi delle richieste di riscatto, alla propria copertura assicurativa informatica e allo stato dei backup.

Un altro elemento che rende difficile la decisione è il disallineamento tra il team di sicurezza e il management, secondo gli analisti, ma la vera pressione sulle organizzazioni proviene dall’evoluzione dei ransomware che oggi hanno ormai un vero e proprio modello di business. Al loro interno sono previsti dei soggetti che “inseguono” insistentemente le aziende e degli operatori che, dietro agli autori del ransomware, agiscono ora come professionisti, offrendo un servizio clienti e negoziatori.

Secondo Proctor, gli autori delle minacce analizzano le aziende a 360 gradi e calibrano la loro richiesta sulle entrate della singola organizzazione o sul suo budget annuale. La maggior parte degli hacker conoscono anche i termini della sua polizza di assicurazione informatica.

Proctor ha illustrato un caso recente in cui un attaccante ha avuto accesso alla policy scoprendo esattamente quanto la vittima avrebbe pagato in caso di riscatto, anche le stesse compagnie di assicurazione informatica quindi non sono al sicuro. A marzo, CNA Financial, uno delle più grandi assicurazioni statunitensi, ha subito un attacco ransomware e, secondo un rapporto di Bloomberg, la compagnia di assicurazioni ha pagato un riscatto di 40 milioni di dollari.

Dato che le aziende stanno diventando sempre più vulnerabili agli attacchi ransomware, Proctor ha suggerito di cominciare a focalizzarsi sulla cyber readiness invece che sulle minacce. “Soprattutto, quando si tratta di ransomware, come avete intenzione di rispondere? – ha detto Proctor durante la sessione – È necessario iniziare a guardare a questo attacco informatico come a qualcosa di inevitabile”.

Olyaei ha convenuto che il ransomware non è un rischio potenziale, ma una minaccia che le aziende non possono controllare: “verrete sicuramente colpite, ciò che bisogna chiedersi è: qual sarà l‘impatto sull’azienda?” ha detto durante la sessione.
 

Pagare? Non pagare? Questo è il dilemma

Mentre la maggior parte dell’incontro si è focalizzato sugli elementi da prendere in considerazione quando si è colpiti dal ransomware, la questione del se pagare o meno è stata posta dall’autore e moderatore dell’evento Mark Jeffries. Jeffries ha menzionato una conversazione che ha avuto con un ex leader della CIA che era a favore del pagamento dei riscatti, Proctor non si è detto d’accordo con questa posizione spiegando che “Gartner ha una posizione opposta, è illegale in molte giurisdizioni e ci sono nuove leggi che lo rendono illegale”.

Il dibattito sul cedere o meno ai ricatti cyber negli USA ha provocato molte discussioni con l’aumento degli attacchi ransomware e, nonostante la Casa Bianca abbia preso una posizione forte contro il pagamento, sono molte le aziende che hanno deciso di pagare comunque nell’ultimo anno, lo hanno fatto anche JBS USA, ExaGrid e Colonial Pipeline Company.

Questo sta accadendo nonostante le misure barriera inserite per scoraggiare il pagamento, comprese le recenti sanzioni che possono mettere in difficoltà le aziende che favoriscono i pagamenti dei ransomware. Per esempio, il mese scorso l’Office of Foreign Assets Control ha emesso sanzioni contro Suex, uno crypto exchange accusato di riciclare i proventi illeciti dei criminali informatici, alcuni dei quali derivati dal ransomware. Ora, pagare riscatti potrebbe portare a una violazione di quelle sanzioni.

Al di là di ciò che prevedono le nuove leggi, Proctor ha sostenuto che chi paga viene spesso hackerato di nuovo, secondo i dati di Gartner, infatti, l’80% di queste organizzazioni subisce un altro attacco ransomware.

“Pagando il riscatto agli hacker li si invita a effettuare una nuova violazione, e chi pensa che pagherà un’assicurazione informatica o che potrà mettere da parte dei soldi apposta per il riscatto per poi proseguire con il business come nulla fosse, si sbaglia perché si troverà a pagare le conseguenze della sua scelta”. Sottolineando le ripercussioni del pagamento, Proctor ha però indicato un caso in cui ritiene sia opportuno cedere alle richieste: quando una società non può in alcun modo recuperare i dati. “Se non hai un backup e non vuoi ricostruire tutti i tuoi dati da zero, a partire dal primo giorno, dovrai pagare – ha spiegato – Non hai altra scelta”.

Olyaei non ha invece preso una posizione chiara nel dibattito ma ha spiegato ciò che pagare o non pagare potrebbe significare per un’organizzazione. “Non stiamo raccomandando o suggerendo a un’organizzazione di pagare o meno” ha precisato.

Per quanto riguarda il tema del backup dei dati, Olyaei citato una ricerca di Gartner che mostra come chi paga riceva solo fino all’8% dei loro dati indietro e ha aggiunto poi che la situazione va peggiorando perché alcune delle più recenti varianti di ransomware restano in un sistema per mesi, al punto da riuscire a criptare i backup. A quel punto, ha spiegato, “non sarete mai più in grado di recuperare fino al 100% dei vostri dati”.

Mentre durante il secondo trimestre del 2021, complice il Ransomware-as-a-Service e la consapevolezza delle aziende che pagare il riscatto non dà alcuna garanzia, gli importi incassati dagli hacker sono calati del 40% (dati Coverware), anche nel contesto italiano si dibatte sul tema del pagamento del riscatto. L’Asso DPO (Associazione Data Protection Officer) illustra ad esempio come nonostante per la polizia postale, il nucleo privacy della guardia di finanza, i professionisti che si occupano di privacy e di sicurezza informatica, la risposta sarebbe un NO unanime, la realtà presenti delle sfumature più complesse e da interpretare. Spesso ciò che accade è che, non riuscendo a conoscere le esatte dimensioni di un attacco, molte aziende cercano di coprire l’accaduto per minimizzare i danni anche di brand reputation decidendo di cedere al ricatto e pagare senza pubblicizzare questa scelta. Diversa la situazione quando si fornisce un servizio pubblico oppure quando l’azienda ha dimensioni rilevanti, come nei recenti casi di Colonial Pipeline e JBS: in questi casi bisogna fornire spiegazioni anche agli investitori e prendere delle decisioni non è semplice.

L’impatto del ransomware oltre la crittografia

L’impatto della maggior parte degli attacchi di cyber, ha detto Olyaei, deriva dalla mancata risposta delle aziende, sia dal punto di vista tecnologico che di gestione delle pubbliche relazioni, e riguarda la brand reputation e la credibilità agli occhi del cliente. Tuttavia, le ricadute degli attacchi, in particolare se colpiscono infrastrutture critiche, possono porre anche altri problemi, indipendentemente dalla risposta. Secondo Proctor, ad esempio, è stato il panico del gas sulla costa orientale a danneggiare la U.S. Colonial Pipeline più che la sua risposta all’attacco ransomware, che ha incluso il pagamento di una richiesta di 4,4 milioni di dollari.

Un aspetto su cui entrambi gli analisti hanno concordato è il disallineamento tra i management e la loro scarsa comprensione degli incidenti di sicurezza che Proctor ha rilevato negli ultimi 35 anni. “Abbiamo letteralmente trattato la sicurezza come una magia e gli addetti alla sicurezza come maghi. E questo significa che diamo ai maghi un po’ di soldi e loro lanciano alcuni incantesimi e così proteggono infallibilmente l’organizzazione. E poi, se qualcosa va storto, diamo la colpa ai maghi – ha detto Proctor – questo ha portato ad investire in modo poco appropriato ed efficace”.

Questo disallineamento impatta sui livelli di preparazione dell’azienda. Una statistica di Gartner mostra che l’80% dei responsabili della sicurezza crede di essere pronto a rispondere a un attacco ransomware, mentre il numero dei manager è del 13%. Secondo Olyaei si tratta di una disconnessione culturale. Un altro elemento su cui entrambi gli analisti si trovano d’accordo è il fatto che gli attacchi ransomware sarebbero prevenibili, ciò che manca sono i protocolli di sicurezza, paragonabili alle norme di igiene di base: indispensabili. Continuando la metafora ha affermato che “è come se stessimo lasciando le nostre porte e le nostre finestre aperte, spalancate, come se non ci lavassimo i denti e non andassimo a dormire all’ora giusta la sera. Queste sono le ragioni di base per cui veniamo colpiti dal ransomware”. La percentuale di attacchi prevenibili è il 90% e, secondo Proctor se l’investimento in adeguati controlli di cybersecurity è adeguato la decisione se pagare o meno il riscatto non si pone: “Se stai affrontando questa decisione, hai già perso”.

10 Novembre 2021

Licenze Veeam V11: cosa cambia

Tratto da Blog Veeam
Autore: Chris Spencer – 01/04/2021
 
I vantaggi della V11 includono protezione infallibile dal ransomware, maggiore sicurezza, Continuous Data Protection (CDP), maggiore portabilità nel cloud e opzioni di backup native per il cloud in AWS, Microsoft Azure e molto altro.
 
 
 

Cosa c’è da sapere sulla V11?

La buona notizia a proposito della V11 è che la maggior parte degli utenti non necessiterà di un nuovo file di licenza. Questo file era richiesto nelle precedenti release più importanti, tuttavia il nuovo formato di file di licenza introdotto con la V10 non lo richiede più. E’ possibile quindi installare o eseguire l’upgrade alla V11 con il file di licenza esistente. E se si sta effettuando l’upgrade alla V11 dalle versioni precedenti, il programma di configurazione proporrà di scaricare automaticamente il file di licenza.

La VUL è ricca di funzionalità

La VUL (Veeam Universal License) continua a ricevere tutte le funzionalità disponibili di Veeam Backup & Replication e Veeam Availability Suite, con un’opzione di licenza trasportabile per l’utilizzo on-premises, nel cloud pubblico e negli ambienti ibridi e multi-cloud. Ciò include la protezione per tutti i seguenti carichi di lavoro:

  • Tutti gli hypervisor supportati : VMware vSphere, Microsoft Hyper-V e Nutanix AHV
  • Tutti i sistemi operativi supportati: Microsoft Windows, Linux, Mac, Oracle Solaris e IBM AIX
  • Carichi di lavoro nativi nel cloud: AWS e Microsoft Azure
  • Applicazioni enterprise: SAP HANA e Oracle (incluso AIX)
  • Protezione delle condivisioni di file NAS e dei dati non strutturati

Ci sono inoltre alcune nuove funzionalità della V11 che richiedono la VUL oppure l’edizione Enterprise Plus di una licenza basata su socket:

  • Continuous Data Protection per le VM VMware vSphere
  • Archiviazione su Amazon S3 Glacier e Azure Blob Storage Archive Tier.

 

 

Protezione di AWS e Azure nativa in cloud

Le nuove funzionalità contenute nella licenza VUL includono la possibilità di gestire backup e ripristino dei carichi di lavoro nativi nel cloud che risiedono su AWS, con Veeam Backup for AWS v3, e ora su Microsoft Azure, con il nuovo Veeam Backup for Microsoft Azure v2. Queste integrazioni supportano la protezione delle istanze AWS EC2, RDS e molto altro, una funzione disponibile nella V10 da luglio, mentre le funzionalità più recenti includono l’integrazione per Microsoft Azure v2. Ora è possibile proteggere i carichi AWS e Azure nativi nel cloud anche con la licenza VUL.

Doppio NAS

Dopo avere eseguito l’upgrade alla V11, ciascuna licenza VUL inizierà immediatamente a proteggere 500 GB di dati NAS non strutturati, anziché 250 GB, ovvero il doppio dei dati con lo stesso numero di licenze.  L’offerta di Veeam Backup & Replication V10, per la quale erano stati resi gratuiti i primi 250 GB da proteggere in ciascuna condivisione, è ancora valida, ma ora viene ampliata a 500 GB, consentendo di eseguire il backup dei file più importanti in un formato diverso, senza alcun costo aggiuntivo, dai server già protetti con i backup a livello immagine.

Veeam CDP senza alcun costo aggiuntivo

Per la strategia di disaster recovery non bisogna scegliere tra backup e CDP. Veeam offre entrambi nel prodotto. Grazie alle opzioni per proxy fisico o virtuale, all’affidabile replica asincrona e all’assenza di limiti di distanza fisica, il CPD di Veeam rappresenta un’ottima soluzione per la strategia di DR dei carichi di lavoro Tier 1.

Orchestrazione del DR

Parlando di DR, le funzionalità CDP di Veeam Backup & Replication sono estese a Veeam ONE per il monitoraggio, così come a Veeam Disaster Recovery Orchestrator per l’automazione della strategia di test e ripristino del sito. Cos’è Veeam DR Orchestrator? Per sfruttare i vantaggi offerti dal CDP ai fini del DR, è stato rinominato Veeam Availability Orchestrator, che ora, nella release v4, si chiama Veeam Disaster Recovery Orchestrator.  Rimangono in essere tutte le stesse caratteristiche e funzionalità, cambia solo il nome. Nella release v4 di questo prodotto, è stata introdotta la possibilità di orchestrare anche le repliche CDP, dando vita a un insieme completo di funzionalità di DR: protezione, monitoraggio e orchestrazione. Il DR Orchestrator v4 è offerto in licenza con il DR Pack, acquistabile in pacchetti da 10 e corrispondente al numero di licenze VUL presenti nell’ambiente.

VUL: non è solo in abbonamento

La licenza VUL può essere acquistata sotto forma di abbonamento oppure di licenza perpetua. La licenza VUL perpetua offre le stesse caratteristiche, funzionalità e portabilità, ad un prezzo competitivo in un modello CapEx perpetuo, con la struttura di supporto e manutenzione continua annuale.

Per ulteriori informazioni: dircom@argonavis.it

7 Aprile 2021

Ransomware: in Italia il 39% delle vittime paga il riscatto

Tratto da www.bitmat.it
Autore: Redazione BitMAT – 31/03/2021
 
 
Il 43% non è comunque stato in grado di recuperare le informazioni rubate
 
 
LCF-000010 Development economics
 

Un recente studio globale di Kaspersky ha mostrato che, nel 2020, il 39% degli italiani vittima di ransomware ha pagato il riscatto per ripristinare l’accesso ai propri dati. Tuttavia, il 43% non ha comunque recuperato le informazioni rubate. Fortunatamente, gli utenti sono sempre più consapevoli in tema di sicurezza informatica e questo è un ottimo segnale per la lotta contro i ransomware.

Il ransomware è un tipo di malware che viene utilizzato per estorcere denaro. In questo tipo di attacchi, viene usata la crittografia per impedire agli utenti di recuperare i propri dati o di accedere al proprio dispositivo.

Guardando ai dati a livello globale e alle fasce di età degli intervistati, nel 2020, gli utenti di età compresa tra 35 e 44 anni si sono dimostrati i più propensi a pagare il riscatto con il 65% di persone che ha dichiarato di averlo fatto. Inoltre, più della metà (52%) degli utenti di età compresa tra i 16 e i 24 anni e solo l’11% di quelli di età superiore ai 55 anni hanno versato denaro ai criminali, dimostrando che gli utenti più giovani sono più propensi a pagare un riscatto rispetto a quelli di età superiore ai 55 anni.

Tra gli italiani intervistati che hanno subito un attacco ransomware, il 33% ha dichiarato di aver perso quasi tutti i suoi dati. Indipendentemente dal fatto che abbiano pagato o meno, in Italia solo l’11% delle vittime è stato in grado di ripristinare tutti i file criptati o bloccati dopo l’attacco. Il 17%, invece, ne ha persi solo alcuni mentre il 22% non è riuscito a recuperarne una quantità significativa.

“Questi numeri mostrano che una percentuale significativa di utenti, negli ultimi 12 mesi, ha pagato un riscatto per recuperare i propri file. Purtroppo, pagare non garantisce nulla, anzi incoraggia i criminali informatici a proseguire con i loro attacchi e consente a questa pratica di prosperare, ha commentato Marina Titova, Head of Consumer Product Marketing presso Kaspersky. Per proteggersi gli utenti dovrebbero prima di tutto investire nella protezione e nella sicurezza dei propri dispositivi e fare regolarmente il backup di tutti i dati. Questo renderebbe l’attacco stesso meno redditizio per i criminali informatici, riducendo la diffusione di queste minacce e garantendo un futuro più sicuro per gli utenti del web.”

Oggi, il 28% ha sentito parlare dei ransomware negli ultimi 12 mesi. È importante che questa percentuale di persone consapevoli aumenti man mano che cresce il lavoro da remoto ed è fondamentale che gli utenti capiscano come comportarsi in presenza di un ransomware.

Kaspersky raccomanda di:

  • Non pagare il riscatto se il dispositivo è stato bloccato, questo incoraggerebbe i criminali a continuare nelle estorsioni. Si consiglia di contattare le forze dell’ordine locali e segnalare l’attacco
  • Cercare di scoprire il nome del trojan ransomware. Queste informazioni possono aiutare gli esperti di cybersecurity a decifrare e risolvere la minaccia
  • Visitare noransom.kaspersky.com per scoprire gli ultimi decryptor, i tool per la rimozione dei ransomware e le informazioni su come proteggersi da queste minacce
  • Evitare di cliccare sui link presenti nelle email spam o su siti web sconosciuti e non aprire gli allegati delle email inviate da utenti di cui non ci si fida.
  • Non inserire mai chiavi USB o altri dispositivi rimovibili di archiviazione nel proprio computer se non si è certi della loro provenienza
  • Proteggere il proprio computer dai ransomware con una soluzione completa di sicurezza online come Kaspersky Internet Security
  • Eseguire il backup dei dispositivi in modo che i propri dati rimangano al sicuro in caso di attacco

Per informazioni sulle soluzioni Kaspersky: dircom@argonavis.it

6 Aprile 2021

Veeam Backup & Replication v11

Tratto da Blog Veeam
Autore: Danny Allan – 24/02/2021
 

Veeam Backup & Replication v11 è arrivato. Con le sue numerose capacità, è in grado di aiutare i clienti ad accelerare il loro percorso di trasformazione digitale.

Qui di seguito sono elencate le 5 funzionalità peculiari della nuova versione:

1. Continuous Data Protection

Veeam rivoluzionerà il mercato democratizzando completamente gli obiettivi Recovery Point Objectives (RPO) per gli ambienti VMware. La Continuous Data Protection (CDP) di Veeam offrirà una grande resilienza per carichi di lavoro critici con RPO estremamente ridotti, riducendo al minimo la perdita di dati e ripristinando allo stato o al point-in-time più recente.  Oltre alla facilità d’implementazione, i clienti Veeam adotteranno questa tecnologia per la flessibilità e la convenienza, e perché è inclusa in un prodotto che molte organizzazioni già utilizzano. Non solo il CDP è incluso in Veeam Backup & Replication, ma è anche integrato in Veeam ONE e Veeam Disaster Recovery Orchestrator.

2. Protezione dal ransomware affidabile

Le minacce ai dati sono numerose. Nell’ultimo anno, tutti abbiamo assistito a un massiccio aumento di attacchi ransomware, minacce informatiche ed eventi malware e questa tendenza non è destinata a diminuire. Veeam sostiene da tempo la necessità di avere almeno una copia dei dati di backup su una copia immutabile, fisicamente isolata o offline come parte integrante della regola 3-2-1 ed è orgogliosa di aver fornito diverse opzioni per la protezione dal ransomware. L’ultima innovazione nella protezione dal ransomware all’interno della V11 offre un ulteriore modo per mantenere i tuoi dati al sicuro. Questa capacità consente a un repository Linux con protezione avanzata di fornire una copia immutabile su qualsiasi sistema Linux, in qualsiasi posizione, on-premises o nel cloud. Questa modalità consente di mantenere i backup al sicuro, prevenendo la crittografia e la cancellazione dannose, ed è ancora un altro strumento nel tuo arsenale di sicurezza.

3. Archiviazione nel cloud

La V11 consentirà ai clienti Veeam di ridurre i costi di storage a lungo termine di oltre 20 volte e di sostituire l’infrastruttura a nastro con una soluzione moderna. Lo storage ad accesso infrequente (“freddo”) di AWS S3 Glacier o Azure Blob Archive è un’ottima integrazione alla gestione basata su policy all’interno del tiering dello storage intelligente di Scale-out Backup Repository di Veeam: Performance, Capacity e ora Archive. Automatizza la gestione del ciclo di vita dei dati.

4. Ripristino istantaneo

La V11 si basa su una delle funzionalità distintive di Veeam, il ripristino istantaneo. Ora i clienti Veeam possono raggiungere gli obiettivi Recovery Time Objectives (RTO) più bassi con il ripristino istantaneo predisposto per la produzione per condivisioni di file SQL, Oracle e NAS con un’incredibile facilità d’uso! Quest’ultima versione include anche la possibilità di ripristinare istantaneamente QUALSIASI backup come una VM Hyper-V, aggiungendo un’incredibile flessibilità di ripristino.

5. BaaS e DRaaS basati su Veeam

Veeam dispone da tempo di molti modi per utilizzare i prodotti come servizio. Che si tratti di backup off-site, Disaster Recovery as a Service (DRaaS), Backup as a Service (BaaS) on-premises, Infrastructure as a Service protetto da Veeam e altre offerte, c’è sempre un servizio per soddisfare le esigenze del mercato. La V11 incorpora il BaaS e il DRaaS come vantaggi per i clienti di alto livello, in combinazione con il rilascio della Veeam Service Provider Console v5.

Oltre 150 funzionalità nuove e migliorate

Queste funzionalità principali sono al centro dell’attenzione, ma in realtà questa release così importante contiene anche molto altro. Oltre ad avere oltre 150 funzionalità nuove e migliorate, la V11 introduce importanti aggiornamenti anche in altri prodotti:

  • Veeam Backup & Replication v11 – Backup e ripristino
    • Veeam Agent for Microsoft Windows v5
    • Veeam Agent for Linux v5
    • NUOVO Veeam Agent for Mac
    • Integrazione con Veeam Backup for AWS e Veeam Backup for Microsoft Azure per la protezione dei carichi di lavoro nativi su cloud
    • Plug-in nuovi e aggiornati per applicazioni aziendali come Oracle e SAP
  • Veeam ONE v11 – Monitoraggio e analisi avanzati
  • Veeam Backup for Microsoft Azure v2 – Protezione nativa su cloud
  • Veeam Disaster Recovery Orchestrator v4 (già noto come Veeam Availability Orchestrator) – Orchestrazione e test automatizzati del ripristino del sito
  • Veeam Service Provider Console v5 – Gestione dei provider di servizi.

Come per tutte le altre release di Veeam, ci sono sicuramente tante funzionalità e caratteristiche essenziali, ma non bisogna trascurare le piccole novità che ne entrano a far parte.

Queste novità comprendono nuove funzionalità come l’integrazione nativa su cloud per AWS e Azure, più protezione dei dati NAS e non strutturati, job ad alta priorità, supporto per l’object storage di Google Cloud all’interno del Capacity Tier, supporto di snapshot storage per Windows Agent e molto altro. Si tratta di una release ad alto contenuto tecnologico, completamente in linea con la missione di Veeam: essere il provider più affidabile delle soluzioni di backup che offrono la gestione dei dati in cloud.

Per ulteriori informazioni: dircom@argonavis.it

3 Marzo 2021